mercoledì 6 giugno 2007

La pazienza

Viviamo in un'epoca dove il valore di una persona è misurato sulla base di meccanismi esistenziali che richiedono efficienza e produttività.
Il nostro essere al mondo, in altre parole, dipende dalla velocità, che spesso sconfina nella frenesia, nella "speculazione" del nostro tempo, con cui attiviamo e alimentiamo i meccanismi vitali espressi da una way of life sempre più insaziabile.

In questo contesto, che vicino a soddisfazioni soventemente più basate sulla quantità che sulla qualità, vede compiersi una progressiva rottamazione dell'anima e un impoverimento della dimensione spirituale, occorre recuperare, a due livelli, la dimenticata virtù della pazienza.

- La pazienza va interpretata come capacità di sopportare gli inevitabili scacchi della vita, dovuti a noi o agli altri, e riconoscere, di conseguenza, la nostra strutturale mediocrità;
- La pazienza va recuperata come strada privilegiata al pensiero profondo, alla difficoltà laboriosa, alla capacità, in altri termini, di non fermarsi a concetti temporanei o effimeri, bensì ad andare in profondità, a coglierne le infinite sfumature dell'esistenza, a scoprire e confrontare le molte alternative che la vita ci offre, troppo spesso ridotte solo al produttivismo ad oltranza, al ruolo sociale, all'immagine esteriore.

La pazienza si avvia, così, come contemplazione, che non è affatto un vuoto movimento dell'anima, dimensione del pensiero, bensì uno sguardo attento, profondo, su tutta la complessità dell'esistere.

Solo con la contemplazione, ovviamente oltre agli altri essenziali significati della vita, si può assaporare la stessa, senza diventare asettici, meccanici, frenetici.
La contemplazione non si conquista in fretta, ma è frutto di un lungo, paziente (appunto) lavoro su se stessi!

Da "ENRICO PEYRETTI: CAUTO ELOGIO DELLA PAZIENZA":
Pazienza viene da patire. Patire non e' soltanto soffrire. Conosciamo dei
verbi la forma attiva e quella passiva, cioe' l'azione che puo' essere anche
buona (per esempio: vengo guarito, vengo istruito) di qualcuno o qualcosa
verso di noi, su di noi, non necessariamente contro di noi.

Comunque, patire, anche quando e' un soffrire, non e' uguale a subire.
Subire e' sottomettersi, rinunciare al diritto e alla dignita', che vanno
difesi non solo per noi, ma per tutti.

Patire senza subire puo' essere una forza. C'e' di peggio che patire la tortura. Come diceva un torturato al suo torturatore: "Il peggio e' essere come te".
Si patisce un'offesa, una violenza fatta a noi, oppure un dolore, un male
della vita, della natura, della malattia: il male umano, o il male naturale.

Il male e' soltanto maledetto? E' solo da rifiutare e ribellarsi
immediatamente? Non puo' essere anche fecondo, utile? "Non tutto il male
vien per nuocere", diceva la saggezza popolare. Il dolore non e' solo
distruttivo: se colpisce una vita viva, vi scava nuovi spazi interiori, che
non conoscevamo, come il primo pianto apre i nostri polmoni chiusi di
neonati. Di un romanzo cinese ricordo solo questa frase: "Hai il cuore
spezzato? Vuol dire che hai un cuore". Il male si puo' anche portare con
pazienza. Portare, invece di subito scaricare, e' un atto di forza!!!

La pazienza e' una virtu' se e' quel patire attivo capace di assorbire e
spegnere in se' la violenza; se abbraccia gli opposti dell'urgenza senza
forzatura e del patire senza subire; se e' passione e amore.
Il linguaggio manda piccole luci: passione dice patire e dice anche amare.
Infatti, non c'e amore senza dolore: non solo il dolore della mancata
corrispondenza o del tradimento, rischio insito nell'amare, ma il dolore del
condividere le inevitabili pene. Sim-patia dice in greco la stessa cosa che
dice in latino com-passione: sentire insieme, e dunque anche patire insieme
le fatiche altrui in aggiunta alle proprie. Chi non ama nessuno soffre
soltanto le proprie pene, le soffre da solo, le soffre male. E' necessario
dire ai giovani che amare e' condividere gioie e piaceri, ed anche i dolori
della vita. Inganna i giovani e li tradisce ogni immagine dell'amore facile
e leggero, senza prezzo.
Non c'e' amore senza pazienza. Il frequente fallimento dell'amore di coppia
(senza fare paragoni con epoche passate, quando la durata dell'unione non
era sempre amore) non significhera' forse carenza di pazienza, illusione
stolta che nell'amore tutto sia facile e garantito, ignoranza della legge
vitale per cui l'amore va sempre curato e costruito, attraverso le
circostanze difficili e i limiti personali di tutti? La pazienza nell'amare
deve essere reciproca, non unilaterale (che sarebbe disuguaglianza,
inammissibile nell'amore), ma l'offerta deve essere reciprocamente
unilaterale, va da ciascuno suscitata nell'altro donando per primo, non va
aspettata dall'altro come condizione per muoversi. La pazienza e'
intelligenza costruttiva della relazione personale profonda.

1 commento:

William ha detto...

Bello, profondo, vero.
Com'è difficile però assumere su di sè quest'accezione di pazienza e del patire...
com'è difficile incarnarla, farla diventare propria.
Forse perchè il tempo necessario mi spaventa...
Grazie comunque della riflessione